GIACOMO MEYERBEER: OUVERTURES AND ENTR’ACTES FROM THE FRENCH OPERA OPERAS

SFAVILLANTE MEYERBEER, GRAZIE A DARREL ANG.

New Zeland Simphony Orchestra, Darrel Ang.
1 cd NAXOS 8.573195

Interpretazione: ****

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meyerbeer_cdBerlioz, che non era certo un critico accomodante con la maggior parte dei “colleghi”, ne lodò sempre la perizia compositiva, ponendo il rilievo sulla strumentazione che, in effetti, si mostrava ricercata e sofisticata, Wagner, da parte sua, invece, sentenziò che la grand’opèra era soltanto un allestimento di “effetti senza causa”, salvo poi, come quasi tutti i musicisti dell’Ottocento, esservene debitore, Schumann vergava una recensione de Le Prophète soltanto con una croce, Rossini stimava realmente l’amico, nonostante gli aneddoti (per lo più apocrifi) che circolavano e dei quali mirabile lettura se ne può trarre dal volume di Eugenio Checchi, Verdi ebbe rapporti di stima.

Insomma, Giacomo Meyerbeer, colui che incarnava il teatro musicale operistico serio francese della prima metà dell’Ottocento, restava un termine di raffronto per l’Europa culturale.

Quello che i Tedeschi non gli perdonavano – a lui, tra l’altro proveniente da agiata famiglia di origine ebrea – era il “tradimento” che il giovane Jacob aveva “perpetrato” nei confronti della scuola rappresentata dalla Germania, poiché si era “imbarbarito” frequentando i compositori italiani – naturalizzando, tra l’altro, il nome in Giacomo – quindi si era stabilito a Parigi dove riuscì in qualche modo, a sintetizzare, o meglio, a far convivere nella sua musica “i tre stili” per armonia, vocalità e prosodia.

In questo cento cinquantenario della morte giova non stancarsi di ripetere il ruolo chiave che Meyerbeer esercitò sulla musica dell’Ottocento, giacché, sia chi lo stimasse sia chi lo rifiutasse a priori (invero, ben pochi questi ultimi) ebbe a doversi confrontare con la sua produzione che, tra l’altro, non è per nulla vasta, soprattutto per il metodo di lavoro del compositore che impiegava ampie elaborazioni dei testi musicali fino a giungere a proporre le ultime modifiche durante le prove in teatro, per meglio “conciliare” l’intero spettacolo con i cantanti e gli orchestrali.

Giacomo Meyerbeer resta, pertanto, rappresentativo della vita musicale e teatrale parigina tra il 1831 ed il 1865 (anno della rappresentazione postuma de L’Africaine curata da Fetis).

Dopo avere presentato i ballabili tratti dalle opere, ora la Naxos ci offre altrettante pagine strumentali, per o più ouvertures, preludi, intermezzi dalla stesse, offrendo la possibilità di ascoltare, riunite, le preziose cesellature armoniche che Meyerbeer era in grado di creare, il senso del dramma che sapeva infondere alle pagine, l’affabilità di alcune melodie.

Darrell Ang che trionfò letteralmente al cinquantesimo “Concorso internazionale per giovani direttori d’orchestra” a Besançon, dove raccolse ben 3 premi, e che, da allora, può vantare la collaborazione con numerose orchestre blasonate (Orchestre Philharmonique de Radio France, Orchestre National de Lyon, Orchestre Philharmonique de Strasbourg, Orchestra Sinfonica di Milano ‘Giuseppe Verdi’, St Petersburg Philharmonic Orchestra, Konzerthaus Orchestra Berlin, Vienna Chamber Orchestra, Copenhagen Philharmonic Orchestra, RTVE Symphony Orchestra, Madrid, e la Hong Kong Philharmonic) guida la New Zeland Simphony Orchestra con passione, eleganza, nerbo e calore, valorizzando la tavolozza di Meyerbeer al massimo e donando piacevolissimo ascolto che, nella celeberrima marcia da Il Profeta, a conclusione del programma, trae la summa dell’intero disco, offrendo una delle più sfavillanti letture della stessa che abbia avuto la fortuna di ascoltare.

Bruno Belli

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